Demanio: un paese in difficoltà – Editoriale di Lagunamare n.135 maggio/giugno 2024

Vorrei dedicare questo editoriale ad una riflessione.
Solo in una regione di sinistra il segmento del lusso viene tutelato e “guai” a chi tocca la “motor valley”. Bisogna andare in Emilia per capire che Ferrari, Maserati, Lamborghini, Ducati, Pagani e Dallara sono aziende integrate di una filiera produttiva che costituisce un valore sociale irrinunciabile, che viene tutelato ben al di là di ogni ideologia o posizione politica. Voglio dire: possibile che pochi capiscano che laddove c’è la richiesta di una barca di lusso si crea lavoro, economia, benessere e legalità diffusi?
Possibile che sia lo “stato” ad ostacolare chi fa impresa nel segmento del lusso anche laddove
il lavoro manca, l’economia arranca, la gente sopravvive e la legalità è avvolta da zone d’ombra?

La nautica, che a differenza della “motor valley” è una realtà diffusa su tutta la costa italiana, viene ancora percepita da molte, troppe persone ed organismi, ivi compresi apparati dello Stato come un segmento che non merita la stessa tutela che l’Emilia Romagna dedica alle auto di lusso. Il patrimonio costiero è la nostra più grande industria, ma l’inadeguatezza delle norme che lo regolano fanno sì che chi opera
obbligatoriamente nell’ambito demaniale sia vessato da leggi superate, inadeguate, che mettono a rischio la sussistenza delle imprese. È il caso del DL 8 novembre 1990, n. 374: “È vietato eseguire costruzioni ed altre opere di ogni specie, sia provvisorie sia permanenti, o stabilire manufatti galleggianti in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale, nonché spostare o modificare le opere esistenti, senza l’autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale”.
Questa legge serve per contrastare il contrabbando e riguarda gli ostacoli visivi che impediscono alle forze di polizia di guardare il mare alla ricerca di trafficanti.
Fino a qua tutto bene: il problema è che si applica anche all’interno dei porti turistici con multe che vanno dal 10% al 100% del valore del bene.
Se c’è un posto dove un contrabbandiere, un trafficante di armi e droga o uno scafista che fa le tratte dei migranti, evita di entrare per sbarcare, quello è un porto turistico, perché provvisto di vigilanza h24, dotato di un sistema di videosorveglianza e spesso vi si trovano le caserme delle forze di polizia marittima e della Capitaneria.
Premesso che l’uso nella legge della parola “prossimità” crea un evidente abnorme potere arbitrale in capo a colui che verifica, la questione interessante sta nell’identificazione del “manufatto galleggiante”: la barca.
Vale a dire se i gestori dei porti turistici depositano a terra delle imbarcazioni in un cantiere o in un parcheggio per auto all’interno della concessione demaniale, senza il placet dell’Agenzia delle Dogane, siamo in presenza di un grave abuso amministrativo e in alcuni casi penale.
Questo vale anche per la posa di un palco per fare un evento o di un cartello, un bancone della birra provvisorio e così via.
La conseguenza è che arrivano sanzioni che possono arrivare all’ammontare dell’intero valore delle barche depositate, il che vuol dire fallimento dell’azienda.
L’unica domanda che farò a stretto giro al Ministro Salvini, al Ministro Giorgetti e al Ministro Musumeci è: siamo in un paese serio che vuole tutelare le aziende della blue economy?
Serve cambiare le norme che regolano il Demanio della portualità turistica e serve metterci mano in fretta, a tutela del lavoro, come fa la sinistra a Modena, con la Ferrari.