… resta un’isola a “mare forza 4”
MOTO ONDOSO IN CENTRO A VENEZIA: DI SERENISSIMO RIMANE SOLO IL RICORDO
È brutto da riconoscere ma la Città “capitale mondiale della sostenibilità”, risolta una volta per tutte la questione dell’ultima “acqua granda” della quale ricorre il 5° anniversario finché scrivo questo editoriale, si trova di fronte, oggi più che mai, ad affrontare il problema non più rinviabile delle onde. Uno stress a tutto tondo che coinvolge chi si muove sia in acqua che a terra, oltre alle strutture idrauliche, alle fondamenta e ai palazzi che costituiscono nel loro insieme uno dei siti UNESCO più preziosi al mondo. Barche da lavoro e da trasporto, taxi, vaporetti, lancioni e barche private, tutti a correre avanti e indietro nel caotico rincorrere della vita, del lavoro e degli affari, più o meno eticamente coerenti.
La domanda è: quale amore?
Quale amore per una Città che dovrebbe essere l’esempio mondiale della lentezza, del rispetto dell’acqua e dell’aria e quindi della vita delle persone. La Città che è simbolo mondiale di armonia, bellezza e romanticismo è percorsa in lungo ed in largo, quasi h24, da orde di soggetti, pubblici e privati che vivono Venezia in un senso unico: il suo sfruttamento.
E più il processo è veloce e più frutta, innescando così lo smantellamento del valore culturale della Città che è prima morale, poi fisico ed infine spirituale. Così Venezia ha imboccato una via pericolosa che deve trovare un punto fermo, o forse un uomo capace di mediare non all’infinito, che attui le scelte intransigenti di cui questa Città ha bisogno.
Lo scrivo e lo dico da tempo: le soluzioni al moto ondoso ci sono, ma servono competenze e persone in grado di agire calibrando le azioni che
possono contemperare i tre elementi fondamentali per il bene della Città: il lavoro, la lentezza e
l’economia. Non tutto può essere fatto in fretta.
Non dappertutto si può correre. Le ZTL vanno ampliate e limitate ad imbarcazioni in grado di non
fare onda, e possiamo cominciare a pensare a tratti di canali importanti che non siano navigabili
se non a remi o in elettrico/idrogeno a lento moto.
Servono nuove carene, servono controlli ai motori inquinanti, rumorosi e servono anche incentivi alle
imprese del trasporto e della mobilità.
Sono anni che Assonautica Venezia riceve appelli alla lentezza e al rispetto delle rive.
Nel Canale della Giudecca, quello definito a costante “forza 4” non si può stare, i vaporetti imbarcano ondate di acqua salata, sulle rive quando la marea si avvicina a 40 centimetri dalla quota di calpestio i passanti si lavano i piedi e non si può camminare agevolmente.
Chi vive questo da cittadino o da visitatore non può avere un sentimento di armonia della nostra Città. Così non si va da nessuna parte. E’ giunto il tempo di fermarsi a riflettere, prima che arrivi quello delle manifestazioni dei soliti noti. L’invito è al Sindaco e alla Città intera a trovarsi ancora al tavolo del confronto, come accaduto un anno fa, per cominciare a progettare altre aree a traffico ridotto, se non riservate a barche che non possano fare onda per loro progettazione o potenza.
La Città deve decidere, adesso, perché della Serenissima, alle generazioni future non resti solo il soprannome.